sabato 27 settembre 2014

LA STORIA MAI RACCONTATA DEL FALLIMENTO LUGLI


Nell’infinito peregrinare di un creditore insoddisfatto (e, per la verità, anche piuttosto incagnito), intestarditosi di portare alla luce i retroscena di una situazione tanto paradossale quanto una procedura di fallimento dichiarata nel Febbraio 1992 e non ancora chiusa in Settembre 2014 (ventidue anni e mezzo più tardi!), a volte si allacciano delle conoscenze interessanti e si vengono a sapere fatti che nemmeno si sarebbero sospettati.

Fatti che, però, portano chiarezza.

“C’è sempre una spiegazione”, diceva saggiamente un personaggio di un romanzo di Valerio Massimo Manfredi.

E infatti, da una chiacchierata occasionale si può scoprire una storia che, sebbene sia quanto mai vera, ci si potrebbe aspettare di leggerla in un libro di John Grisham o di vederla in un telefilm del Tenente Colombo.

Il simpatico e gioviale ex venditore di automobili con cui, il mese scorso, ho avuto occasione di scambiare un po’ di battute (di fronte a qualche stuzzichino e a un buon aperitivo in centro città) aveva sentito parlare del fallimento Lugli. Ne sapeva qualcosa e, dopo aver ascoltato la mia storia e non aver potuto far altro che compatirmi, in confidenza, mi ha detto di essere uno dei pochissimi a conoscere un certo segreto.

Quel segreto è rimasto sepolto nell’ombra per molto tempo, più di quindici anni.

Si mormora che non sia stato un caso se non vi furono strascichi penali o giudiziari, per Claudio Lugli e Renata Fruscella, nell’ambito del loro fallimento. La ragione della loro impunità risiede in una parentela eccellente di un loro stretto collaboratore (o collaboratrice?) dell’ultimo periodo della “Claudio Lugli S.r.l.” A quanto pare, fu proprio grazie a quell’entratura che il tanto fastidioso fascicolo del fallimento Lugli, per un po’ di tempo (sufficiente a rendere inefficaci o eccessivamente tardive numerose richieste di pagamento), rimase sotto una pila di altri procedimenti, evidentemente ritenuti più urgenti in quel momento…

Per pudore e per rispetto si dice il peccato e non il peccatore, ma… accipicchia, che tentazione!

A dire la verità, l’occasionale amico mi ha raccontato anche di più a proposito di questa storia e vi sarebbero tutte le possibilità di rivelare dettagli un po’ scabrosi come i nomi e i cognomi, ma preferisco tenere per me queste informazioni ancora per un po’. Eventualmente, prenderò in considerazione la possibilità di renderle note alle autorità competenti.

Certo è che questa rivelazione fa capire molte cose; per certi versi è anche disarmante, perchè senz'altro non depone a favore della fiducia di un cittadino nei confronti delle istituzioni. I tribunali dovrebbero tutelare i diritti di chi lavora e paga le tasse, e invece accadono situazioni come quella descritta.Così qualcuno mette da parte dei risparmi con tanti sacrifici e col sudore della propria fronte, e qualcuno se li porta via impunemente.

Ci sarà una giustizia divina? Non si può far altro che sperarlo...

Cesare