sabato 4 ottobre 2014

LE FANTASMAGORICHE OPERAZIONI IMMOBILIARI DI CLAUDIO LUGLI E RENATA FRUSCELLA

Forse i lettori più appassionati avranno pensato che di Lugli si fosse detto tutto ciò che si poteva dire… Invece no, stavolta assisteranno a una piccola lezione che attinge dalla sua sterminata esperienza di furberia.

Si era già parlato della piccola casetta sul Lago d’Iseo (qui e qui), ma se qualcuno volesse prendersi la briga di approfondire gli aspetti formali della faccenda, inevitabilmente finirebbe per scoprire alcuni fatti alquanto peculiari, per non dire… sospetti.

Inizialmente, Claudio e Renata sembrano acquisire il possesso dell’immobile di Sulzano (BS) mediante un atto (datato Novembre 2009) con cui Renata ne acquisisce la nuda proprietà e Claudio l’usufrutto. Al contempo, però, dell’unità immobiliare non sembrano esserci reali proprietari, mentre gli intestatari precedenti risultavano essere per l’appunto tali solo fino al 3 Febbraio 2012. Piuttosto singolare.



Eppure, malgrado né Claudio né Renata figurassero essere proprietari a tutti gli effetti, all’inizio di Febbraio del 2012 la villetta viene venduta a tale Giovanni Servalli.

Servalli, come era già riportato nel primo post di questo blog (che oramai è vecchio di quasi due anni), al tempo di tale operazione era evidentemente un amico intimo dei coniugi Lugli e tale informazione era stata facilmente desunta con una banale ricerca in Internet.


Tuttavia, né l’assenza di un proprietario a tutti gli effetti né il cambio di proprietà (sulla carta) avevano impedito a Renata di richiedere e ottenere in comune una concessione edilizia per la ristrutturazione dell’immobile, come mostra la foto già riportata in precedenza.



Per la precisione, la licenza di costruire è il numero «24/2011» per l’appunto del 12 Dicembre 2011, ma l’avvio dei lavori avviene solo in seguito (Ottobre 2012), evidentemente dopo che è stato fatto il (formale) passaggio di proprietà fra la Fruscella e Servalli; infatti la richiesta di occupazione del suolo pubblico è datata 25 Ottobre 2012 e porta il numero di protocollo «3661».

La questione rimane irrisolta: come ha fatto la Fruscella ad ottenere il permesso a costruire dal Comune di Sulzano senza avere un concreto titolo di possesso, ossia detenendone solo la nuda proprietà?

Di fatto è lampante che questa villetta è un bene realmente posseduto da Renata e Claudio, mentre Servalli ne è solo il prestanome (l'ennesimo, a quanto pare).

Dalle parti di Servalli, in Val Gandino, si mormora che quest’artigiano abbia già avuto disavventure in campo immobiliare, con delle cascine per il cui acquisto aveva dato delle caparre non riuscendo poi a perfezionarne l’acquisto, perdendo così miseramente tutto quanto.

Ma l’estro imprenditoriale della Fruscella non si ferma all’operazione di Sulzano. Infatti, fino a qualche tempo fa (come già riferito nel primo articolo di questo blog), Renata risultava proprietaria di un appartamento nella periferia di Brescia.



Quell’immobile proveniva da una donazione effettuata presso un notaio in Roma, agli atti dal 10 Dicembre 2008. Probabilmente un’eredità dei genitori di Renata.


E fino a poco tempo fa nulla di strano, sul piano formale.

Ma curiosamente, rifacendo la stessa visura poco tempo fa ecco cosa è emerso.



In sostanza, la Fruscella ha misteriosamente “perso” la proprietà di questo immobile e adesso risulta esserne stata detentrice solo fino al 2007. Il che è un puro e semplice paradosso.

Proviamo a trarre le conclusioni: Renata e Claudio fanno il bello e il cattivo tempo con le proprietà degli immobili, muovendo quindi (evidentemente) certe quantità di denaro in barba al fisco, al fallimento ancora aperto, alle autorità competenti e a tutti i loro creditori.

Se non è il colmo questo…

Cesare

sabato 27 settembre 2014

LA STORIA MAI RACCONTATA DEL FALLIMENTO LUGLI


Nell’infinito peregrinare di un creditore insoddisfatto (e, per la verità, anche piuttosto incagnito), intestarditosi di portare alla luce i retroscena di una situazione tanto paradossale quanto una procedura di fallimento dichiarata nel Febbraio 1992 e non ancora chiusa in Settembre 2014 (ventidue anni e mezzo più tardi!), a volte si allacciano delle conoscenze interessanti e si vengono a sapere fatti che nemmeno si sarebbero sospettati.

Fatti che, però, portano chiarezza.

“C’è sempre una spiegazione”, diceva saggiamente un personaggio di un romanzo di Valerio Massimo Manfredi.

E infatti, da una chiacchierata occasionale si può scoprire una storia che, sebbene sia quanto mai vera, ci si potrebbe aspettare di leggerla in un libro di John Grisham o di vederla in un telefilm del Tenente Colombo.

Il simpatico e gioviale ex venditore di automobili con cui, il mese scorso, ho avuto occasione di scambiare un po’ di battute (di fronte a qualche stuzzichino e a un buon aperitivo in centro città) aveva sentito parlare del fallimento Lugli. Ne sapeva qualcosa e, dopo aver ascoltato la mia storia e non aver potuto far altro che compatirmi, in confidenza, mi ha detto di essere uno dei pochissimi a conoscere un certo segreto.

Quel segreto è rimasto sepolto nell’ombra per molto tempo, più di quindici anni.

Si mormora che non sia stato un caso se non vi furono strascichi penali o giudiziari, per Claudio Lugli e Renata Fruscella, nell’ambito del loro fallimento. La ragione della loro impunità risiede in una parentela eccellente di un loro stretto collaboratore (o collaboratrice?) dell’ultimo periodo della “Claudio Lugli S.r.l.” A quanto pare, fu proprio grazie a quell’entratura che il tanto fastidioso fascicolo del fallimento Lugli, per un po’ di tempo (sufficiente a rendere inefficaci o eccessivamente tardive numerose richieste di pagamento), rimase sotto una pila di altri procedimenti, evidentemente ritenuti più urgenti in quel momento…

Per pudore e per rispetto si dice il peccato e non il peccatore, ma… accipicchia, che tentazione!

A dire la verità, l’occasionale amico mi ha raccontato anche di più a proposito di questa storia e vi sarebbero tutte le possibilità di rivelare dettagli un po’ scabrosi come i nomi e i cognomi, ma preferisco tenere per me queste informazioni ancora per un po’. Eventualmente, prenderò in considerazione la possibilità di renderle note alle autorità competenti.

Certo è che questa rivelazione fa capire molte cose; per certi versi è anche disarmante, perchè senz'altro non depone a favore della fiducia di un cittadino nei confronti delle istituzioni. I tribunali dovrebbero tutelare i diritti di chi lavora e paga le tasse, e invece accadono situazioni come quella descritta.Così qualcuno mette da parte dei risparmi con tanti sacrifici e col sudore della propria fronte, e qualcuno se li porta via impunemente.

Ci sarà una giustizia divina? Non si può far altro che sperarlo...

Cesare

domenica 21 settembre 2014

L’INEFFABILE FURBERIA DI CLAUDIO LUGLI E LA FONDAZIONE MINORILE DI BRESCIA


Oltre al danno, la beffa.

Dopo più di vent’anni trascorsi a tentare di recuperare il denaro di cui Claudio Lugli e Renata Fruscella mi erano debitori (forse una goccia nel mare del loro increscioso fallimento, ma comunque una cifra consistente per un comune cittadino), mi tocca anche venire a sapere che questi furbacchioni godono addirittura dell’assistenzialismo di un ente benefico. Della Chiesa, per giunta.

Ecco cosa hanno notato degli amici che hanno trascorso qualche giorno di vacanza in Lombardia e non hanno perso l’occasione di una visita turistica alla città di Brescia. Proprio nella zona del foro romano, nel cuore del centro storico, si trova Palazzo Martinengo Cesaresco, ben descritto da una targa posta proprio all’ingresso:



Nemmeno il tempo di bisbigliare qualche commento compiaciuto sull’eccelsa architettura dell’antico palazzo, ed ecco accendersi un moto di orrore… infatti, entrando per ammirare la corte interna del prestigioso edificio, su un lato dell’andito cui si accede dal portone, in parte a una cassetta postale si può leggere questo avviso:





“Santa Rosalia!” ha esclamato l’amico che ha scattato questa foto, non prima di aver preso un profondo respiro per normalizzare il battito cardiaco, onde evitare una sincope.

La Fondazione Provinciale Minorile (ecco qui un video di YouTube che ne parla) è un prestigioso ente fondato nel 1854 da Padre Luigi Apollonio per assistere e sostenere la gioventù che, ai tempi, si definiva «derelitta». Economicamente indipendente ma sostenuta dagli enti locali oltre che dai lasciti dei privati, la Fondazione sovvenziona ogni anno progetti assistenziali in favore dell’infanzia e di famiglie in condizioni disagiate, non solo in Italia ma anche in Brasile.

La domanda sorge spontanea: che c’entra una Fondazione di emanazione clericale e dal glorioso passato di nobili gesta, con due falliti come Claudio Lugli e Renata Fruscella, esperti nell’arte di nascondersi dal fisco e dai creditori?

Evidentemente, da ex dirimpettai – dato che abitavano in quel palazzo fino a una decina d’anni fa – sono riusciti ad ammaliare e così turlupinare i responsabili della Fondazione che, evidentemente ignari dei torbidi trascorsi dei due, in buona fede stanno prestando la loro opera anche in loro favore.

Ed ecco svelato come fanno Claudio e Renata a tenere sott’occhio la loro posta pur avendo dichiarato un indirizzo fasullo come titolari di società (fatto riferito in un precedente articolo).

Se non è il colmo questo…


Cesare

LA SOCIETÀ FALLITA DI CLAUDIO LUGLI E L’ATTUALE “CLAUDIO LUGLI SHIRTS” IN UK

Letteralmente, l’utopia sarebbe un “non luogo” in cui dimorano i sogni e l’immaginazione.

Forse la speranza che un giorno Claudio Lugli e sua moglie Renata Fruscella paghino i loro debiti non morirà mai, anche se la sopravvivenza di tali pensieri rimarrà relegata a quell’iperuranico “non-luogo”.

Eppure, resta evidente che l’attività di Lugli in Inghilterra è ben avviata.

E a chiunque si domandi se tale attività inglese sia effettivamente un’estensione o una prosecuzione del marchio Claudio Lugli, rispondono facilmente le banche dati pubbliche.

Gli articoli della “Claudio Lugli Shirts” sono chiaramente etichettati nel modo che si nota dalla loro stessa réclame presente sul Web:




oppure negli stand che tengono agli eventi o alle sfilate di moda:




o anche sulla loro pagina Facebook:




Il marchio è infatti regolarmente registrato come mostra quest’immagine:



Eppure questo marchio d’impresa è esattamente lo stesso tuttora attivo in Italia, ossia il logo “Claudio Lugli” con il pegaso come pincipale caratteristica, originariamente depositato in data 30 Settembre 1986 a Brescia e attivo sin dal 13 Aprile 1987 con il codice ID 0000477981.

Ma in definitiva: questa ditta inglese dovrà subire la stessa sorte delle altre aziende di Lugli in Italia, tutte in bancarotta?

Cesare

L’ATTUALE DITTA ITALIANA DI CLAUDIO LUGLI, ULTIME NOTIZIE

Forse a qualcuno potrà interessare sapere che fine ha fatto la “Swing S.r.l.” (vedere questo articolo per avere una traccia temporale).

Be’, Lugli ha messo in atto uno dei suoi trucchetti, ovviamente.

Che lo si creda o no, subito dopo l’acquisto delle quote di suo figlio (Flavio), Lugli ha trasferito la ditta a un altro prestanome, un quarantenne pakistano residente a Brescia di nome Moeen Ahmad Jovindha.

Ecco qui infatti cosa dice la visura camerale della “Swing”:




E così la ditta di Lugli è stata misteriosamente intestata a un pakistano e, stando all’ultimo bilancio depositato in Camera di Commercio, «Durante il decorso esercizio la strategia di gestione attuata, si è focalizzata all’eliminazione dell’ingente quantità di merce obsoleta, praticando la tecnica di vendita del “sottocosto” ed attraendo contemporaneamente la clientela verso l’acquisto di capi di recente acquisizione o produzione. Tale strategia ha compresso però la globalità dei margini di contribuzione, inducendo l’amministrazione ad una radicale ristrutturazione dei costi fissi che ha condotto all’abbandono del settore di vendite al dettaglio e del relativo negozio in locazione e concentrandosi sulle vendite all’ingrosso senza l’utilizzo di strutture di deposito».

Ecco qui l’estratto appena citato:



Tutto ciò è un lampante, deliberato tentativo di fornire una “spiegazione” per la reale strategia di Claudio, che è in realtà di mandare l’azienda a gambe all’aria con tutti i suoi debiti, per coprire i suoi loschi traffici.

Alquanto curiosamente, il nuovo indirizzo (sede sociale) della “Swing” è lo stesso dove la sorella di Claudio ha il negozio di erboristeria da trent’anni o più; fra l’altro, nello stesso palazzo hanno sede degli studi legali.

Inutile dire che questo è semplicemente l’ennesimo trucco di un disonesto.

Cesare

venerdì 19 settembre 2014

L’ATTUALE DITTA ITALIANA DI CLAUDIO LUGLI


Forse questa è mera cronaca, o forse fa capire fino a dove si può spingere la disonestà.

Conoscete già la storia del fallimento Lugli e di come nel 1996 Lugli costituì la “Swing S.r.l.”, la ditta con cui mediante un prestanome ha potuto portare avanti la sua attività nonostante tutti i debiti che aveva lasciato in giro con il suo fallimento da otto miliardi di Lire.

Lugli è un tipo coerente: non si smentisce mai nel suo trend di far fallire tutte le sue aziende. Infatti, i bilanci della Swing dal 2008/2009 al 2012 mostrano un continuo calo, e il 2013 non è da meno.

Il 18 Giugno 2013, Claudio ha acquistato le quote societarie precedentemente detenute da suo figlio Flavio. E qui non si capisce perché: forse il ragazzo era stufo di fare da prestanome. Comunque, a tal proposito, Claudio non strombazzava a tutto il mondo che Flavio è scomparso? E allora come avrà mai fatto Flavaio a rivendergli le quote, essendo sparito? Misteri della famiglia Lugli.

Ad ogni modo, i piani di Claudio dovevano essere altri che non il semplice venire allo scoperto (acquistando le quote della sua stessa società e dichiarandole a suo nome) e così cominciare a lavorare per davvero nella sua attività, come farebbe ogni cittadino serio e contribuente onesto. Macché.

Al contrario, Claudio ha dichiarato un indirizzo di residenza fasullo, evidentemente allo scopo di non farsi rintracciare. Ecco qui quello che risulta dalla visura della “Swing”.




L’indirizzo “Piazza del Foro 7” era la residenza di Lugli dieci anni fa: non è più valido!

E che dire di Armando Comincini? Il suo indirizzo nelle carte della “Swing” dev’essere pure uno vecchio non più valido, il che può essere facilmente desunto da documentazioni più recenti.

Ad ogni modo, Lugli e il suo amico fedele Comincini in Gennaio 2013 hanno costituito una nuova società denominata “Black Label S.n.c.”, dove sono soci al 50% ciascuno. Naturalmente Comincini è il legale rappresentante, per cui la responsabilità è sempre la sua.

La “Black Label” è rimasta inattiva da Gennaio a Giugno ed è divenuta attiva il 24 Giugno 2013.

E così questa “Black Label” ha assunto la conduzione del negozio di abbigliamento Lugli in centro a Brescia.

La domanda sorge spontanea: che sarà mai dei fornitori verso cui la Swing era debitrice? E le banche? E le tasse? E gli eventuali emolumenti ancora dovuti agli ex dipendenti?

Forse non voglio veramente conoscere le risposte a tali domande.

Sembra piuttosto che ci sia un altro fallimento dietro l’angolo…

Cesare

LA GRAZIOSA CASETTA SUL LAGO DI CLAUDIO LUGLI E RENATA FRUSCELLA


Qual è il modo migliore per costruirsi una piccola, graziosa casetta sul Lago d’Iseo?

Semplice: fai un fallimento da otto miliardi di Lire dopo esserti arricchito alle spalle dei tuoi fornitori e dei tuoi clienti, poi rifiuta di pagare qualsivoglia debito che hai lasciato in giro in vent’anni, e infine nasconditi anche dal fisco!

Semplice, no?

Ecco la casetta (menzionata nel post originale sul fallimento di Claudio Lugli), così come appariva qualche settimana fa:



Carina, vero?

Si può vederne l’ubicazione qui, su Google Maps: si trova a Sulzano (BS).

Si accettano scommesse: quanto vale questa graziosa villetta?

Cesare

IL FALLIMENTO DI CLAUDIO LUGLI NEGLI USA


Un momento pittoresco della carriera fallimentare di Lugli è stato il suo specioso tentativo di “espandersi” (come piaceva dire a lui) all’estero, aprendo un negozio sul tetto del mondo: Rodeo Drive a Los Angeles, California (USA).

Forse che Lugli voleva sentirsi alla pari di Armani, Lacoste e le firme più prestigiose.

La verità è che quando avviò la “Claudio Lugli, Inc.” negli USA (Settembre 1990), Lugli già sapeva benissimo che la sua azienda in Italia sarebbe andata gambe all’aria, e così aveva bisogno di un posto abbastanza lontano in cui fuggire.

Non l’ha mai detta tutta riguardo al suo progetto di aprire un negozio negli USA.

Tant’è che dopo aver portato i libri in tribunale e quindi dopo l’avvio della procedura fallimentare a carico della “Claudio Lugli Srl”, ovviamente Claudio cominciò ad avere guai seri, così pensò bene di scappare in America con tutta la famiglia appresso.

Tornò indietro con le pive nel sacco e ancor più debiti seminati in giro, ovviamente.

Infatti, verificando in Internet (http://kepler.sos.ca.gov/) si trova quanto segue:




Certo, dice “sospesa” e non “fallita” (anche se comunque fallì, piuttosto velocemente): quindi apparentemente si era salvato da un fallimento in senso lato. Buon per lui, ma certo non per i suoi creditori. Come al solito, nevvero?

Qualora si rendessero disponibili maggiori informazioni, verranno rivelate in questo blog.

Cesare

FALLIMENTO CLAUDIO LUGLI, ULTIME NOTIZIE


Poche righe per un rapido aggiornamento.

Se si vuole si può controllare in Internet e verificare lo stato della pratica di fallimento della Claudio Lugli Srl del 1992, e… si noterà che… è ancora aperto!

Teoricamente doveva essere stato completato e archiviato l’anno scorso, e invece... (fare clic per ingrandire):




Ecco il link per vedere questa pagina: fare clic qui per aprirla.

Eppure, purtroppo non avverrà nessun saldo dei suoi annosi, immensi debiti.

Eppure, quello continua a vendere le sue camicie, che naturalmente qualcun altro confeziona.

Lungaggini burocratiche? O forse una vera e propria storia infinita…

Cesare

martedì 16 settembre 2014

CLAUDIO LUGLI IN INGHILTERRA: UNA NUOVA STORIA DI NOME “CLAUDIO LUGLI SHIRTS”


Dopo aver continuato a nascondersi dai creditori e dal fisco in Italia a causa del suo mega-fallimento del 1992...

Dopo la sua fuga in America nel 1993/94 presto rivelatasi l’ennesimo buco nero con altre vittime lasciate sul campo…

Dopo che le sorti della sua attività attuale in Italia si sono nuovamente evidenziate per la loro tendenza verso un altro fallimento

Lugli doveva pur escogitare qualche sistema per racimolare soldi da vittime inconsapevoli.

E così, di nuovo grazie a dei prestanomi, nel 2001 Lugli ha costituito un’azienda in Inghilterra, denominata “Claudio Lugli Sportswear (UK), Ltd.” in seguito rinominata “Claudio Lugli Shirts, Ltd.”: un imprenditore e stilista di nome Seyed Hossian Salimian (meglio noto come Hoss Salimian), ha iniziato a creare modelli di camicie e ha scelto la “marca” Claudio Lugli per commercializzare i suoi prodotti. Evidentemente non sapeva che questa “marca” in Italia era tutt’altro che rinomata, avendo attraversato le forche caudine di un infame bancarotta ed essendo rimasta in vista solo grazie alle larghe maglie delle norme e dei cavilli del Bel Paese.



 
Quanti fra i clienti di Salimian e della “Claudio Lugli Shirts” sono al corrente dell’indecente passato (e presente, a dire il vero) del nome di Lugli o del losco e fosco background delle sue aziende fallite?

Il figlio di Hoss, Navid Salimian, è un eccellente addetto al marketing e alla pubblicità via Web: infatti si occupa della promozione e pubblicità di “Claudio Lugli Shirts” in Internet, particolarmente tramite i “social network”. Ma il suo lavoro saprà essere tanto capillare da surclassare la sorte di distruzione di Lugli, così radicata in lui?

Ai posteri l’ardua sentenza…